Da bomber con una carriera ventennale alle spalle alla prima esperienza da allenatore sulla panchina del Taranto: Davide Dionigiha concesso ai microfoni diTuttoLegaPro.com un'intervistaesclusiva per spiegare i segreti che accompagnano la sua nuova carriera di tecnico (il più giovane della categoria con i suoi 37 anni compiuti a gennaio), sottolineando con forza l'importanza dell'incontro con Dio che ha stravolto positivamente la sua vita negli ultimi quattro anni e che lo porta ad impegnarsi - insieme alla società rossoblù - in numerose iniziative di solidarietà.
Mister, non possiamo che partire dalla vittoria colta contro la capolista: siete l'unica squadra (insieme al Siracusa) che è riuscita a sconfiggere lo "schiacciasassi" Nocerina.
"Sì, sicuramente è stata una grande vittoria, perché arrivata dopo una prestazione di alto livello sotto tutti i punti di vista sia tattici sia tecnici senza dimenticare la personalità. Poi non dimentichiamo che la Nocerina veniva da 21 partite consecutive senza sconfitte: di fronte avevamo una squadra fortissima che ha dimostrato di aver meritato il primo posto e oramai la Serie B".
Anche voi comunque state facendo un percorso importante: non perdete dalla gara con l'Atletico Roma del 9 gennaio scorso.
"Sì, noi siamo in un discreto momento. Stiamo dando continuità ai risultati, anzi meglio dire alle prestazioni. Onestamente la sconfitta con l'Atletico Roma è stata solo frutto di un episodio: c'è stato anche un fallo di mano in area di un attaccante (Colombini su Babù, ndr) e ci ha un po' penalizzato. Sarebbe stato giusto anche un pareggio, però a parte questo abbiamo reagito bene".
Ora la sosta: vi permetterà di recuperare qualche acciaccato di troppo.
"Sì, esatto. Noi abbiamo fatto una grande rincorsa, soprattutto dal punto di vista psicologico ma anche fisico abbiamo speso tantissimo. E ora abbiamo alcuni giocatori che hanno subito qualche infortunio. Questi 15 giorni - prima di tornare a giocare a Foligno - ci servono per recuperare un po' di giocatori".
Siete la difesa meno perforata del girone dopo la Nocerina: 25 reti contro le 23 dei molossi. Suona strano se si pensa che Lei - praticamente fino all'altro giorno - ha fatto l'attaccante.
"Me lo stanno dicendo tutti. Io prima di iniziare ad allenare mi sono chiesto fra me e me: "Quale è la cosa che sai fare meglio?". E giustamente mi sono risposto: "La fase offensiva", perché l'ho fatta per 20 anni. Quella dove mi riservavo di essere 'un po' carente' era la fase difensiva, pur avendo già qualche concetto da giocatore. Prima di iniziare mi sono quindi buttato a studiare ed imparare come veniva impostata dagli altri allenatori. Secondo me dovevo lavorare su quello. E' un assurdo: paradossalmente ora mi piace più la fase difensiva che quella offensiva".
Il vostro girone - come un po' tutta la Lega Pro - è tormentato dai deferimenti e dalle conseguenti penalizzazioni: quanto è importante avere alle proprie spalle la sicurezza di una società sana e solida?
"E' importantissimo. Ma è giusto che sia così: chi non rispetta gli impegni deve essere penalizzato. E' ora di cambiare il calcio: chi non può fare certi tipi di discorsi e non può gestire una stagione intera, è giusto che riceva le penalizzazioni. Non ci vedo niente di sbagliato: anzi era ora che arrivasse una stretta di questo genere. Avere la possibilità di lavorare in una società che ti garantisce questa solidità economica è fondamentale".
Per la corsa ai play-off chi le fa più paura tra le squadre avversarie?
"Sicuramente - tra quelle che ad oggi risultano fuori dalla zona play-off - dico Foggia e Siracusa: anzi tra le due scelgo Siracusa, perché hanno un'organizzazione di gioco più completa. Il Foggia resta comunque una mina vagante che dall'oggi al domani può fare qualsiasi tipo di risultato e poi ha un allenatore eccezionale come Zeman".
Lei è arrivato a Taranto nel mese di novembre e già a gennaio ha firmato il rinnovo fino al 2013, questo per dare stabilità e continuità nel lungo periodo. Durante la sua presentazione il presidente D'Addario esclamò: "Dionigi è un'invenzione della società".
"Sì, direi che è un'invenzione completamente sua. Il nostro è un rapporto nato un anno e mezzo fa e penso che prima di apprezzarmi come allenatore - visto che non aveva termini di paragone, non avendo mai allenato - mi abbia apprezzato come uomo. Ho avuto subito un feeling da questo punto di vista veramente importante. Lui è una persona cui piace azzardare: ce l'ha di carattere e con questo modo di vita ha costruito tutto l'impero economico che ha. Mi chiamò e mi disse: "Te la senti?". Io rimasi allibito e stranito, però accettai immediatamente".
A settembre in un'intervista esclusiva al nostro portale, il presidente D'Addario parlò degli obiettivi per questa stagione, sottolineando la volontà di vivere un campionato sereno. E aggiunse: "Noi vogliamo che il tifo, la città e le istituzioni possano venire allo stadio a vedersi una bella partita di calcio".
"L'unico modo per fare bene era col bel gioco e i risultati per riportare entusiasmo nella città di Taranto e nella gente. Grazie a Dio fino a questo momento, le cose stanno andando nel verso giusto. Non è facile: sono dovuto andare incontro a mille difficoltà e pregiudizi iniziali (come anche è giusto). Adesso però c'è un grande affetto intorno a questa squadra e intorno alla società. Questo mi fa un piacere veramente enorme".
Anche perché Lei è uno degli allenatori più giovani della categoria...
"Sì, ma è una tendenza del calcio che sta cambiando. Vedo molte società che si stanno affidando a giovani allenatori emergenti. Forse ci mancherà l'esperienza sul campo, ma abbiamo la grande voglia di portare innovazioni rispetto al passato".
Un aspetto importante della sua gestione è l'avvicinamento al sociale e alle iniziative di solidarietà come le visite ai carcerati o pochi giorni fa il sostegno alla "giornata Unitalsi".
"E' una cosa che avevo in mente di fare e ho trovato una società che mi ha appoggiato tantissimo. Quando ho iniziato ad allenare mi ero riproposto di farlo in un modo diverso, tutto mio. Innanzitutto stando vicino a chi non ha avuto la fortuna - per tanti motivi - di avere una vita agiata. Noi dobbiamo ritenerci fortunati che lo possiamo fare. E' giusto condividere con le persone che non hanno questa fortuna. Io vedo che questo riesce a responsabilizzare i miei ragazzi: li vedo partecipi a queste iniziative, nonostante all'inizio la ritenevano una cosa diversa. Ora sono loro che vanno con piacere. E' importante che chi ha la fortuna di avere una certa 'notorietà' sia d'aiuto a trascinare gli altri".
Legato a questo c'è sicuramente il suo incontro con Dio...
"E' stato fondamentale. La mia vita è cambiata 4 anni fa: la fede mi ha aiutato tanto. Mi ha aiutato a vedere le cose in modo diverso. Anche a vedere il calcio sotto un altro aspetto. Ti cambia completamente la vita sia come padre sia come figlio nei confronti dei miei genitori sia come amico e fratello. Mi ha stravolto totalmente la vita. Voglio continuare questo cammino di pari passo con la mia vita lavorativa".
Mister, non possiamo che partire dalla vittoria colta contro la capolista: siete l'unica squadra (insieme al Siracusa) che è riuscita a sconfiggere lo "schiacciasassi" Nocerina.
"Sì, sicuramente è stata una grande vittoria, perché arrivata dopo una prestazione di alto livello sotto tutti i punti di vista sia tattici sia tecnici senza dimenticare la personalità. Poi non dimentichiamo che la Nocerina veniva da 21 partite consecutive senza sconfitte: di fronte avevamo una squadra fortissima che ha dimostrato di aver meritato il primo posto e oramai la Serie B".
Anche voi comunque state facendo un percorso importante: non perdete dalla gara con l'Atletico Roma del 9 gennaio scorso.
"Sì, noi siamo in un discreto momento. Stiamo dando continuità ai risultati, anzi meglio dire alle prestazioni. Onestamente la sconfitta con l'Atletico Roma è stata solo frutto di un episodio: c'è stato anche un fallo di mano in area di un attaccante (Colombini su Babù, ndr) e ci ha un po' penalizzato. Sarebbe stato giusto anche un pareggio, però a parte questo abbiamo reagito bene".
Ora la sosta: vi permetterà di recuperare qualche acciaccato di troppo.
"Sì, esatto. Noi abbiamo fatto una grande rincorsa, soprattutto dal punto di vista psicologico ma anche fisico abbiamo speso tantissimo. E ora abbiamo alcuni giocatori che hanno subito qualche infortunio. Questi 15 giorni - prima di tornare a giocare a Foligno - ci servono per recuperare un po' di giocatori".
Siete la difesa meno perforata del girone dopo la Nocerina: 25 reti contro le 23 dei molossi. Suona strano se si pensa che Lei - praticamente fino all'altro giorno - ha fatto l'attaccante.
"Me lo stanno dicendo tutti. Io prima di iniziare ad allenare mi sono chiesto fra me e me: "Quale è la cosa che sai fare meglio?". E giustamente mi sono risposto: "La fase offensiva", perché l'ho fatta per 20 anni. Quella dove mi riservavo di essere 'un po' carente' era la fase difensiva, pur avendo già qualche concetto da giocatore. Prima di iniziare mi sono quindi buttato a studiare ed imparare come veniva impostata dagli altri allenatori. Secondo me dovevo lavorare su quello. E' un assurdo: paradossalmente ora mi piace più la fase difensiva che quella offensiva".
Il vostro girone - come un po' tutta la Lega Pro - è tormentato dai deferimenti e dalle conseguenti penalizzazioni: quanto è importante avere alle proprie spalle la sicurezza di una società sana e solida?
"E' importantissimo. Ma è giusto che sia così: chi non rispetta gli impegni deve essere penalizzato. E' ora di cambiare il calcio: chi non può fare certi tipi di discorsi e non può gestire una stagione intera, è giusto che riceva le penalizzazioni. Non ci vedo niente di sbagliato: anzi era ora che arrivasse una stretta di questo genere. Avere la possibilità di lavorare in una società che ti garantisce questa solidità economica è fondamentale".
Per la corsa ai play-off chi le fa più paura tra le squadre avversarie?
"Sicuramente - tra quelle che ad oggi risultano fuori dalla zona play-off - dico Foggia e Siracusa: anzi tra le due scelgo Siracusa, perché hanno un'organizzazione di gioco più completa. Il Foggia resta comunque una mina vagante che dall'oggi al domani può fare qualsiasi tipo di risultato e poi ha un allenatore eccezionale come Zeman".
Lei è arrivato a Taranto nel mese di novembre e già a gennaio ha firmato il rinnovo fino al 2013, questo per dare stabilità e continuità nel lungo periodo. Durante la sua presentazione il presidente D'Addario esclamò: "Dionigi è un'invenzione della società".
"Sì, direi che è un'invenzione completamente sua. Il nostro è un rapporto nato un anno e mezzo fa e penso che prima di apprezzarmi come allenatore - visto che non aveva termini di paragone, non avendo mai allenato - mi abbia apprezzato come uomo. Ho avuto subito un feeling da questo punto di vista veramente importante. Lui è una persona cui piace azzardare: ce l'ha di carattere e con questo modo di vita ha costruito tutto l'impero economico che ha. Mi chiamò e mi disse: "Te la senti?". Io rimasi allibito e stranito, però accettai immediatamente".
A settembre in un'intervista esclusiva al nostro portale, il presidente D'Addario parlò degli obiettivi per questa stagione, sottolineando la volontà di vivere un campionato sereno. E aggiunse: "Noi vogliamo che il tifo, la città e le istituzioni possano venire allo stadio a vedersi una bella partita di calcio".
"L'unico modo per fare bene era col bel gioco e i risultati per riportare entusiasmo nella città di Taranto e nella gente. Grazie a Dio fino a questo momento, le cose stanno andando nel verso giusto. Non è facile: sono dovuto andare incontro a mille difficoltà e pregiudizi iniziali (come anche è giusto). Adesso però c'è un grande affetto intorno a questa squadra e intorno alla società. Questo mi fa un piacere veramente enorme".
Anche perché Lei è uno degli allenatori più giovani della categoria...
"Sì, ma è una tendenza del calcio che sta cambiando. Vedo molte società che si stanno affidando a giovani allenatori emergenti. Forse ci mancherà l'esperienza sul campo, ma abbiamo la grande voglia di portare innovazioni rispetto al passato".
Un aspetto importante della sua gestione è l'avvicinamento al sociale e alle iniziative di solidarietà come le visite ai carcerati o pochi giorni fa il sostegno alla "giornata Unitalsi".
"E' una cosa che avevo in mente di fare e ho trovato una società che mi ha appoggiato tantissimo. Quando ho iniziato ad allenare mi ero riproposto di farlo in un modo diverso, tutto mio. Innanzitutto stando vicino a chi non ha avuto la fortuna - per tanti motivi - di avere una vita agiata. Noi dobbiamo ritenerci fortunati che lo possiamo fare. E' giusto condividere con le persone che non hanno questa fortuna. Io vedo che questo riesce a responsabilizzare i miei ragazzi: li vedo partecipi a queste iniziative, nonostante all'inizio la ritenevano una cosa diversa. Ora sono loro che vanno con piacere. E' importante che chi ha la fortuna di avere una certa 'notorietà' sia d'aiuto a trascinare gli altri".
Legato a questo c'è sicuramente il suo incontro con Dio...
"E' stato fondamentale. La mia vita è cambiata 4 anni fa: la fede mi ha aiutato tanto. Mi ha aiutato a vedere le cose in modo diverso. Anche a vedere il calcio sotto un altro aspetto. Ti cambia completamente la vita sia come padre sia come figlio nei confronti dei miei genitori sia come amico e fratello. Mi ha stravolto totalmente la vita. Voglio continuare questo cammino di pari passo con la mia vita lavorativa".
Ma quanto è ostico portare avanti un discorso di questo tipo all'interno di un mondo difficile come il calcio?
"Non è vero: Dio c'è in tutti i giorni, nel calcio come nella vita normale. C'è per chi lavora in fabbrica, per chi fa l'infermiere, per chi fa l'avvocato.... Non è "un Dio a momenti", ma è "un Dio sempre" e può entrare in qualsiasi mondo. Vedo che anche i miei ragazzi hanno piacere a discutere di questi argomenti: aiuta a crescere a livello umano e per me è fondamentale".
"Non è vero: Dio c'è in tutti i giorni, nel calcio come nella vita normale. C'è per chi lavora in fabbrica, per chi fa l'infermiere, per chi fa l'avvocato.... Non è "un Dio a momenti", ma è "un Dio sempre" e può entrare in qualsiasi mondo. Vedo che anche i miei ragazzi hanno piacere a discutere di questi argomenti: aiuta a crescere a livello umano e per me è fondamentale".